ANCI Rivista Agosto-Settembre 2010
Gli scenari del rapporto IFEL 2010 – Parla il presidente Giuseppe Franco Ferrari

di Andrea Franceschi
Grande rilievo mediatico per la presentazione del Rapporto IFEL  2010 “Il quadro finanziario dei Comuni” che ha centrati i temi tecnici e politici derivanti dal “maxiemendamento” da 25 miliardi di Euro in dirittura d’arrivo alla Camera e dal perimetro che assumerà il Patto di Stabilità interno. Ne abbiamo parlato con il Presidente dell’IFEL ProfessorGiuseppe Franco Ferrarinel giorno del via libera del Consiglio dei Ministri al decreto per la determinazione dei “costi e fabbisogni standard” di comuni, città metropolitane e province, uno dei tasselli fondamentali (insieme all’autonomia impositiva) per  il concreto avvio del federalismo fiscale. IFEL ha di recente ricevuto dal MEF l’incarico di predisporre le metodologie per individuare i livelli di spesa efficienti che verranno applicati a Comuni e Province dal 2012.

 

1) Professor Ferrari, conti pubblici 2009 in sintonia con la crisi, direi.

 

Il peggioramento dei conti pubblici durante il 2009 è andato di pari passo al deterioramento del ciclo economico innescato dalla crisi finanziaria e aggravato dalla crisi del debito della Grecia. Alla formazione del forte disavanzo hanno concorso essenzialmente l’impennata delle uscite correnti, cresciute di 3 punti percentuali rispetto al 2008, al netto degli interessi. Va tuttavia sottolineato che i Comuni “pesano” solo per lo 0,2% contro l’1,4% degli oneri previdenziali, lo 0,9% dello Stato e lo 0,5% delle Regioni.

2) Il 2009 è stato un “annus horribilis” anche per i Comuni. Com’è andata con il rispetto del Patto di Stabilità interno?

Il Patto di stabilità è stato violato da circa un ottavo dei Comuni nel 2007, da meno del 6% nel 2008 e da circa il 10% nel 2009. I fattori che hanno determinato le maggiori difficoltà sono stati la volatilità delle regole fiscali, che ha determinato una forte incertezza nei pagamenti in conto capitale, e le azioni estemporanee sul versante delle entrate, in particolare, lo sblocco per un solo anno della leva fiscale. Questa situazione non poteva avere conseguenze sulla  spesa rilevata a livello nazionale rispetto alla fine del 2006 è cresciuta di quasi 40 Euro pro-capite. Questo è il razionale della manovra.

 3) A proposito di manovra e di tagli sulla spesa: qual è l’impatto per i cittadini dei Comuni Italiani?

L’impatto della manovra finanziaria per il 2010 produce sui Comuni un taglio medio della spesa del 2,1%, pari a circa 22 Euro per cittadino, colpendo maggiormente i Comuni del Sud, (2,4%) seguita da quelli del Nord (2,1%) e infine i Comuni del Centro Italia (1,6%).  Ciò significa che oltre un quarto degli Enti, se gli amministratori locali vorranno garantire il precedente livello di servizio, dovrà chiedere ai propri cittadini un contributo addizionale superiore ai 100 Euro per abitante.

4) La manovra è considerata unanimemente inevitabile e immodificabile nelle dimensioni, secondo IFEL c’è spazio per rimodularla?

Si, ma per i Comuni è preferibile mantenere i tagli ai trasferimenti e rimodulare gli obiettivi del Patto di stabilità. Tutto questo sia per gli effetti redistributivi generati, sia, e soprattutto per il miglioramento sostanziale del grado di sostenibilità che produce.

5) Lei quindi sta dicendo che siamo di fronte al probabile paradosso di Comuni con bilanci positivi nel triennio, ma che non rispettano il Patto di Stabilità?

Se i margini di autonomia e le risorse a disposizione dei Comuni continueranno a restringersi, nel triennio 2010/12 gli effetti saranno quantomeno contraddittori: in tutta Italia i Comuni si ritroveranno con bilanci in pareggio o in avanzo, rischiando però di dover comunque subire le pesanti sanzioni derivanti dal mancato rispetto del Patto di stabilità. E rinunciando, soprattutto, alle spese per gli investimenti. Ciò, ovviamente, non può essere privo di conseguenze sulla qualità dei servizi erogati.

6) La tenaglia creata da manovra e patto di stabilità può mettere a rischio le funzioni basilari dei Comuni?

L’entità dei risparmi imposti ai Comuni dalla manovra economica e dal Patto di Stabilità potrebbe risultare talmente marcata da mettere in gioco l’espletamento stesso delle funzioni comunali nel prossimo triennio. Nel 2009 i Comuni hanno complessivamente raggiunto l’obiettivo imposto dal Patto, con uno scarto positivo di quasi un miliardo. Ma, se per il 2010 il risparmio ulteriore richiesto al comparto è di 1,2 miliardi, nel 2011 il contributo dei Comuni alla finanza pubblica arriva ad essere previsto nella misura di 4,6 miliardi (3,1 imposti dal Patto ai quali si aggiungono 1,5 di taglio ai trasferimenti). Inoltre, nel 2012 e nel 2013, i risparmi totali imposti dallo Stato centrale salirebbero a 5,6 miliardi (3,1 di mantenimento da Patto e 2,5 di tagli). Il primo effetto sarebbe la limitazione alla possibilità di effettuare nuovi investimenti, oltre che di pagare le spese relative ad opere già avviate.

7) Lei vede concreti rischi per le prospettive di sviluppo dei territori?

Di fronte al taglio dei trasferimenti e alla ancora assente autonomia tributaria per i Comuni, nei prossimi anni potrebbe cambiare anche la struttura delle entrate. Con meno trasferimenti e zero autonomia tributaria non resterebbe che agire sulle entrate extratributarie. Il rischio, in questo caso, sarebbe quello di una doppia velocità dell’inflazione delle tariffe locali, che risulterebbe maggiore nei Comuni con bilanci più squilibrati e nelle zone del sud, ovvero le aree con i redditi più bassi. Prendendo come prospettiva il prossimo quinquennio è realistica l’ipotesi di un arretramento sia delle entrate che delle spese, intorno al 10% tornando a valori di spesa poco sopra quelli della metà degli anni novanta, quando la pressione sui conti esprimeva la sua massima intensità per effetto delle politiche di adesione all’euro e peraltro il saldo degli enti risultava ampiamente deficitario. Ma l’involuzione più pesante è  quella degli investimenti dei Comuni, che nel 2014 scenderebbero dagli attuali250 a220 Euro pro-capite. Una condizione inadeguata rispetto alle funzioni crescenti che i Comuni sono chiamati a svolgere in un’ottica di crescente decentramento delle funzioni dello Stato.

8) Quali spazi e quali formule vede per la necessaria perequazione tra territori?

Il federalismo fiscale rappresenta un’opportunità per ripristinare l’autonomia finanziaria dei Comuni. Ma, al tempo stesso, la trasformazione dei trasferimenti statali e regionali in tributi propri dei Comuni prefigura un percorso complesso, nel quale non sono permessi eccessi di semplificazione, pena un grave rischio di fallimento dell’intero progetto. Per questo nella riforma federalista che ci si appresta ad attuare è necessario avvalersi di un nuovo assetto delle entrate proprie per i Comuni caratterizzato da un elevato livello di flessibilità ed adattabilità alle profonde differenziazioni che tuttora caratterizzano le comunità locali del nostro Paese. Con questa realtà dovrà misurarsi la soppressione dei trasferimenti statali e regionali, stimati i primi tra i 15 e i 17 miliardi e i secondi tra i 6 e gli 8 miliardi di Euro.

9) Quali sono le dinamiche delle entrate comunali attese da IFEL?

Con la trasformazione dei trasferimenti statali in tributi comunali, prevista dal federalismo, le entrate proprie dei Comuni passeranno dagli attuali 24,8 miliardi a 40,2 miliardi. A questi vanno aggiunti gli 11,1 miliardi di trasferimenti regionali, anch’essi destinati alla fiscalizzazione da parte dei Comuni. Oggi le forme con cui attualmente si esercita l’autonomia tributaria comunale sono 13, francamente troppe. Possono viceversa esser individuate 4 grandi fonti di entrata, che insieme costituiscono il 93% delle risorse proprie dei Comuni: la proprietà immobiliare (40%), l’utilizzo degli immobili connesso al servizio rifiuti (30%), il reddito dei contribuenti (addizionale e compartecipazione Irpef, pari al 15% delle risorse), e i tributi o canoni relativi alle attività economiche (occupazione di spazi pubblici, pubblicità ecc.., pari a circa l’8% delle entrate proprie).

I territori strutturalmente meno dotati di cespiti imponibili sui quali poter esercitare la leva delle entrate proprie richiederanno tuttavia una maggiore dose di nuova fiscalità propria e di meccanismi di perequazione.

10) Presidente Ferrari, qual è la formula IFEL per un nuovo assetto delle entrate tributarie?

Confermare il potere di regolazione dei Comuni per quel che riguarda i tributi locali; salvaguardare l’attuale quadro impositivo; mantenere il prelievo sui rifiuti; rafforzare il contrasto al’evasione fiscale; mantenere una quota di entrate tributarie locali manovrabili a livello centrale (ad esempio la compartecipazione all’Irpef), anche in vista della perequazione. Ma soprattutto razionalizzare le forme di prelievo fiscale già esistenti. In particolare, per il riassetto del sistema delle entrate tributarie da immobili propendiamo per l’ipotesi di una “cedolare secca sugli affitti che tuttavia comporta, almeno inizialmente, la previsione di una perdita di gettito quantificabile tra il 15 e il 20% dell’attuale importo (circa 6,7 miliardi per i territori delle Regioni a statuto ordinario).

Le ipotesi di fonte governativa sul tema che sono circolate negli ultimi tempi non mi sembrano si distacchino significativamente da questa impostazione.